Giuseppe Chiodi

Dark Intervista

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    Giuseppe Chiodi



    Cuore di tufo



    Dark Intervista



    ▪ Perché un lettore dovrebbe leggere il tuo libro?

    Perché è coinvolgente. Di questo sono sicuro. E l’ho scritto per lasciare qualcosa. Non sarà la classica lettura scialba e vuota, né noiosa e intellettualoide. Ho scritto il tipo di libro che amo leggere: Universale, cioè accessibile, scorrevole e dal ritmo serrato; Ricco, cioè pieno di dettagli ambientali, culturali, psicologici.
    Modesto, eh? Che dovrei dire? Sono l’autore!

    ▪ Che cosa c’è di innovativo e quali sono gli elementi di continuità con il genere o con la tradizione?

    Cuore di Tufo è stato definito «troppo originale» da un altro editore, e me ne fregio (citando Petrolini). Si tratta di un Dark fantasy con elementi Urban/New weird in cui i miti popolari e il folklore occulto napoletano sono raccontati, per la prima volta, in chiave moderna. Cioè cruda, realistica, avvincente. È una modalità inedita per tale soggetto. In particolare, la figura della Bella ‘Mbriana non è mai stata oggetto della narrativa contemporanea, che io sappia.
    Gli elementi tradizionali, invece, risiedono nella struttura mitica che sottostà al romanzo, un tipico viaggio dell’eroe nel Mondo straordinario dell’inconscio e, parallelamente, della fiaba. Inoltre, il fantasy che pesca dalla cultura italiana si sta affermando da alcuni anni, ormai, sul solco della ripresa delle nostre peculiarità. È il caso, per esempio, dei romanzi di Luca Tarenzi, ŠRDN - Dal bronzo e dalla tenebra di Andrea Atzori eccetera.

    ▪ Che cosa ti ha spinto a scrivere?

    Alcune letture che feci da ragazzo, senza dubbio. Pensai che avrei voluto emozionare le persone allo stesso modo. Cambiarle, come quelle letture cambiarono me.

    ▪ Da che cosa è nata la storia? Quali sono state le fonti di ispirazione?

    La storia è nata dalla mia voglia di raccontare una realtà. Il fatalismo. Il senso di smarrimento. E i mezzi attraverso i quali superarlo, che sono tutt’intorno a noi. Occorre realizzare che non siamo soli, che non siamo soltanto individui. Siamo parte di qualcosa di grande in cui tutto è collegato.
    Napoli, la mia città. Le sue leggende assurde e numerosissime, che ancora oggi la animano. L’Italia, che amo da morire, nelle sue infinite declinazioni culturali. Ma anche Sonia, la figlia di Pietro, ovvero ciò che abbiamo fatto con le nostre mani. Volevo parlare di radici e di azione: le fondamenta, secondo me, per realizzarsi.

    ▪ Quando scrivi? E come? in modo organizzato e continuo o improvviso, discontinuo?

    Scrivo ogni giorno, al computer. Ho la mia routine. Sto scrivendo il mio quinto romanzo, al momento; se fossi andato con la corrente avrei a stento finito il secondo. Sono lento, lento, lento e pignolo, perciò ho bisogno di calma e costanza. Il primo romanzo lo scrissi di getto e fu un disastro. Era il primo romanzo, però. Un editor a cui lo inviai lo cassò e mi riempì d’insulti. Meritati, aggiungo.

    ▪ Quali strategie hai adottato per promuovere il tuo libro e che tipo di strumenti hai usato – e usi- per proporlo all'attenzione dei tuoi potenziali lettori?

    Ho appena iniziato! Comunque, al momento ho un blog, Immersività, in cui posto articoli sul mondo letterario e scrittevole e che conto di usare come trampolino di lancio. Seguirà una pagina Facebook dedicata e un palinsesto. Nella vita reale, invece, faccio quello che posso. Credo che “allearsi” con associazioni e realtà letterarie della propria zona sia molto utile in questo senso. Farò, ovviamente, delle presentazioni del libro nella mia città.

    ▪ Progetti per il futuro?

    Come detto, sto scrivendo il mio quinto romanzo. Cuore di Tufo è il terzo; il quarto è “in trattativa” con alcuni editori. Il secondo e il primo sono, invece, fuori dai giochi. Continuerò a scrivere e a espandere la mia presenza online attraverso la mia piattaforma, oltre che a partecipare a eventi nella vita reale.

    ▪ Tre persone da ringraziare

    La mia ragazza, che mi ha sempre supportato e aiutato in tutti i modi. Una Santa. I miei familiari. E poi me.
     
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